Una breve vita la sua, ma così intensa da
lasciare un segno profondo nella memoria di chi l’ha conosciuta e
in chi viene a contatto oggi con lei. Parliamo di Chiara Badano,
chiamata Chiara Luce per la radiosità del suo volto, dei suoi
occhi, della sua luminosissima anima.
Un processo di canonizzazione è in corso per
questa giovane dalla vita esemplare che conobbe la forza della fede
già a nove anni. Trovava Gesù nei lontani, negli atei e tutta la
sua vita è stata una tensione all’amore concreto per tutti. Ogni
sua giornata fu una gemma da innalzare a Dio, dando un senso eterno
ad ogni gesto.
Dinamica, sportiva, bella, Chiara si sente amata
da Dio e lo vuole portare a tutti coloro che incontra sulla sua
strada. Animata da profondo rispetto per ognuno, manifesta con
schiettezza il proprio pensiero di credente, ma evita di
prevaricare sulla libertà e coscienza dell’interlocutore: ben più
efficace dei ragionamenti è infatti la sua testimonianza di
serenità e di generosa disponibilità.
Chiara nasce a Sassello, in provincia di Savona
della diocesi di Acqui, dopo undici anni di attesa dei suoi
genitori, Maria Teresa Caviglia e Ruggero Badano. È il 29 ottobre
1971.
Cresce nella vivacità e nell’intelligenza, è
simpatica e trainante, è leader, ma non lo lascia apparire, perché
mette sempre in risalto gli altri. Poi avviene un incontro
importante, è in terza elementare quando conosce il Movimento dei
Focolari, fondato da Chiara Lubich. Entra così fra le Gen
(Generazione nuova).
Lei
non parla di Gesù agli altri, lo porta con la sua vita. Dice
infatti: «Io non devo dire di Gesù, ma devo dare Gesù con il mio
comportamento» e così si ripensa allo straordinario insegnamento di
sant’Ignazio di Antiochia: «È meglio essere cristiani senza dirlo,
che proclamarlo senza esserlo».
La
gioia di vivere, l’entusiasmo per le piccole cose, la
contemplazione del creato, la felicità di godere
dell’amicizia erano il nutrimento delle sue giornate.
Alla fine della quinta ginnasio Chiara appare
pallida, sorride meno, è stanca. Nell’estate, durante una partita
di tennis sente un lancinante dolore alla spalla. Medici, ospedali…
e la Tac. Chiara ha un cancro maligno: «processo neoplastico di
derivazione costale (7ª di sinistra) con invasione dei tessuti
molli adiacenti». Affetta dunque da un tumore osseo di quarto
grado, il più grave. Ha 17 anni.
Inizia il pellegrinaggio negli ospedali di
Torino, una vera e propria via crucis. Deve subire un intervento e
prima di entrare nella sala operatoria dice alla mamma: «Se dovessi
morire, celebrate una bella messa e di’ ai Gen che cantino
forte».
Si
sottopone alla chemioterapia e alle sedute di radioterapia,
affrontando tutto come identificazione con i dolori di Cristo. Si
abbandona e allora la malattia diventa per lei fatto marginale,
vivendolo in Gesù. «Sono sempre stato impressionato», ha raccontato
a Maria Grazia Magrini il dottor Brach, «dalla forza di
accettazione della malattia da parte di Chiara e dei suoi
familiari. Lei conosceva la gravità del male che l’aveva colpita e
fui io stesso a spiegarle quanto fosse grave la sua situazione, e
che quindi avrebbe incontrato crisi di vomito, avrebbe perso i
capelli e sarebbe andata incontro ad infezioni, emorragie ed altre
conseguenze».
Eppure, accanto a lei, parenti e amici continuano
a respirare aria di festa. Chiacchiera volentieri, gioca, scherza.
Non c’è odore di malattia, né di prossima morte. La vita continua a
fuoriuscire da lei e gli altri si abbeverano a questa straordinaria
fonte. Si consuma e si offre per amore di Gesù ai dolori della
Chiesa, al Movimento dei Focolari e ai giovani.
È
molto dimagrita, fatica a respirare e ha forti contrazioni agli
arti inferiori. Avrebbe bisogno di morfina, ma non la vuole perché
le toglierebbe la lucidità, la consapevolezza.
Nessun risultato, nessun miglioramento. La
malattia avanza nell’impotenza sanitaria. Tutti depongono le armi,
non c’è più nulla da fare. La giovane scrive a Chiara Lubich,
informandola della decisione di interrompere la chemioterapia:
«Solo Dio può. Interrompendo le cure, i dolori alla schiena dovuti
ai due interventi e all’immobilità a letto sono aumentati e non
riesco quasi più a girarmi sui fianchi. Stasera ho il cuore colmo
di gioia… Mi sento così piccola e la strada da compiere è così
ardua, spesso mi seno soprafatta dal dolore. Ma è lo Sposo che
viene a trovarmi». La fondatrice dei Focalarini nel risponderle le
assegna un nuovo nome: «Chiara Luce», è da qui che tutti prendono a
chiamarla così.
Chiara predispone tutto per il suo prossimo
funerale, che chiama la sua messa, le sue nozze con Gesù. Dovrà
essere lavata con l’acqua, segno di purificazione e pettinata in
modo molto giovanile e chiede alla mamma di non piangere perché
«quando in cielo arriva una ragazza di diciotto anni, si fa
festa!». Il suo vestito da sposa lo vuole bianco, lungo,
semplice, con una fascia rosa in vita. La sua amica del cuore,
Chicca, lo prova di fronte a lei: le piace molto, è semplice come
lo desiderava.
Chiara Luce muore alle 4,10 del 7 ottobre 1990,
festa della beata Vergine Maria del Rosario. Ma la luce del suo
incantevole sguardo non si spegnerà perché i suoi occhi saranno
donati a due ragazzi. Dichiarata venerabile il 3 luglio 2008, è
stata proclamata beata il 25 settembre 2010.
di Cristina Siccardi